Lo spazio dell’abitare rappresenta da sempre una ricerca specifica e ben definita all’interno della disciplina architettonica che può essere affrontata partendo proprio da alcune considerazioni sul rapporto tra paesaggio e costruzione, tra ambiente naturale e spazio domestico, ovvero che appartiene alla casa. L’architettura rurale è la traduzione pratica di una istanza di essenzialità derivante da una adesione a misure e regole preesistenti che soddisfano esigenze estetiche e bisogni pratici, basata sulla logica del costruire e guidata dalle consuetudini della vita, dal lavoro, dal clima e dalle risorse a disposizione che ne rivelano le mutue interazioni tra costruzione e luogo. Nel riconoscimento di questi valori come imprescindibili, dall’architettura rurale emerge un senso antico della misura, il fare architettura senza enfasi sovrastrutturale, ma rivolta a risolvere i bisogni dell’uomo in modo razionale, nel rispetto della tradizione, intesa come un codice non scritto che raccoglie soluzioni essenziali, collaudate dall’uso e dall’esperienza. La tradizione, legge avvalorata da un riconoscimento collettivo, come ci ricorda Ernesto Nathan Rogers, è però sia permanenza che mutazione, quindi insieme di fenomeni in continua evoluzione, assonanti con il passato, ma che assumono significato nella creazione originale del presente come un flusso, senza soluzione di continuità.